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domenica 18 ottobre 2015

Žilda à artecinema

"Žilda à Naples" nel titolo e nei fatti, una recensione del documentario con siparietto alla proiezione ad artecinema


La rassegna di pellicole sull'arte contemporanea 'artecinema' 2015 si apre con il film 'Art War' e si chiude ugualmente con la street art di 'Žilda à Naples'. Artista di cui Television breaker si è già occupato in un post del giugno 2012.
A intervistare il regista Colin Torre (cameraman e montatore del suo stesso film), è Laura Trisorio, la quale dopo poche battute apre il tema sulla presenza nella sala di proiezione dello street artist in questione, Zilda, che pare possa aver scelto di presenziare. Non è chiaro, ma trapela un certo fremito nelle parole di Colin.

Le luci in sala si abbassano. Inizia il manifesto in cinema dell'arte di Zilda. Un film ovvero un monologo dell'artista medesimo che ci lascia a bocca aperta per la fluidità con cui si fa accompagnare dalle immagini dei suoi stessi lavori, nonchè della loro realizzazione. Ma l'artista non si fa mai riprendere in volto, nonostante l'iconica felpa nera col suo nome sulla schiena, che lo identifica evadendo ogni dubbio. Un'opera magistrale di poesia per immagini e parole, considerato anche il low budget con cui sembra essere stata realizzata.

Ma accade un imprevisto sensazionale: il meccanismo di proiezione si inceppa dopo un elogio finale su Napoli, su come "ogni altra città impallidisce" al confronto, sul quale il film sembra voler concludersi. Si pianta sullo schermo una immagine glitch di un fotogramma distorto e una voce dalla sala lancia un urletto, gracchia un lamento, tutti si alzano, qualcuno applaude. Le luci si alzano e pare che gli sguardi del pubblico seguano una figura in fuga, con un tubo per poster simile ai rotoli di carta appena visti nel film.
Laura Trisorio si scusa per i "56 secondi" di pellicola che hanno mancato di proiettare e saluta tutti al prossimo anno per una nuova rassegna di artecinema.

Può darsi che il lamento alla interruzione della proiezione fosse dell'artista? Che tanto si era dato da fare per nascondere la sua identità, non poteva mancare alla prima del suo documentario. Docufiction che si apre con un commento alla quantità di cose e selfie e beni di consumo e tutta questa roba "sotto forma di paradiso" che potremmo criticare coerentemente se solo fossimo fuori da quella sala in cui, senza più ombra di dubbio, Zilda a un pelo dallo smascheramento, ha scelto di autocelebrarsi.
Finale clamoroso di rassegna.

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